Due scuole si sono battute a lungo in India, raggiungendo una estrema tensione nei secoli VII-VIII: quella che predica il raggiungimento dell’illuminazione attraverso un metodo graduale e quella che predica «l’esperienza improvvisa». A quest’ultima scuola, a cui si ispirerà, in Cina, il Buddhismo Zen, si riconduce il Vijnanabhairava che presenta in centododici stanze altrettante possibilità della «via abbreviata».
Leggerlo, e sciogliere a poco a poco i suoi enigmi, sarà un’occasione per capire nei suoi termini originari una delle dottrine esoteriche su cui spesso gravano i più vari equivoci: il Tantrismo, con la sua metafisica dell’unione sessuale. Nella massima concentrazione e densità, il Vijnanabhairava o «Conoscenza del Tremendo» (dove «Tremendo» corrisponde a Bhairava, uno dei nomi di Siva), ci guida a quella «inondazione divina» che è un segno distintivo della dottrina tantrica. E sarà Siva stesso a parlare, in queste sentenze, rivolgendosi alla Dea, la Sakti divina, che è la sua stessa Potenza. Alla fine, una volta enunciati tutti i punti dell’insegnamento, «gioiosa, la Dea si attaccò al collo di Siva».