Iside e Osiride
Per i Greci, l’Egitto fu sempre il luogo del meraviglioso e della sapienza. Inguaribilmente «giovani», guardavano quella terra come l’antichità stessa. Dopo secoli di questa fascinazione, testimoniata in Erodoto come in Platone e Pitagora, un sacerdote di Delfi, Plutarco, dedicò il suo Iside e Osiride a Clea, anch’essa sacerdotessa a Delfi, nel tempio di Iside. È questa senza dubbio la più importante fonte greca sulla religione egizia. La sua intenzione è innanzitutto di mostrare che cosa è e come si interpreta un mito. E a tutt’oggi è difficile pensare un testo che al mito meglio sappia introdurre. Inoltre, Plutarco vuole indicarci la concordanza fra la dottrina sacra che si cela nelle vicende di Iside e Osiride e quella che Platone aveva insegnato, nonché la concordanza di significati fra dèi greci ed egizi. Era appunto questo l’omaggio alla sacerdotessa di Iside: «Il fatto che Osiride si identifichi con Dioniso chi meglio di te lo può sapere, Clea?».
Con andamento rapsodico e ampie digressioni, ricche di preziosi dettagli, Plutarco delinea il tortuoso percorso di un mito che continuerà sempre a offrirci i suoi enigmi, come annunciavano le parole incise sulla statua di Iside a Sais: «Io sono tutto ciò che è stato, che è e che sarà, e nessun mortale mai sollevò il mio peplo».
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